GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - Cons. Stato Sez. IV, 04-01-2018, n. 34

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - Cons. Stato Sez. IV, 04-01-2018, n. 34

Ai fini della dichiarazione d'improcedibilità di un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse la sopravvenienza deve essere tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza per aver fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, della pronuncia del Giudice, la cui relativa indagine deve essere da lui condotta con il massimo rigore onde evitare che la declaratoria d'improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda (art. 35 D.Lgs. n. 104/2010, CPA) (Conferma della sentenza del T.a.r. Liguria, Genova, sez. I, 15 marzo 2010, n. 1162).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 8072 del 2010, proposto dai signori F.T. e G.T., rappresentati e difesi dall'avvocato Roberto Damonte, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Silvia Villani, in Roma, via Asiago, 8;

contro

Comune di Genova, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Paola Pessagno e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gabriele Pafundi, in Roma, Viale Giulio Cesare, 14;

Citta Metropolitana di Genova (già Provincia di Genova), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi, Carlo Scaglia e Valentina Manzone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

Per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Genova, Sezione I, n. 1162 del 15 marzo 2010, resa tra le parti, concernente annullamento d'ufficio della variante al p.u.c. e risarcimento del danno;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Genova e della citta metropolitana di Genova (già provincia di Genova);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2017 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati R. Damonte e G. Pafundi;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. La controversia riguarda le vicende urbanistiche di un terreno di proprietà dei signori F. e G.T., sito in comune di Genova, alla via Trase, contraddistinto al N.C.T. al foglio 52, mappale 644.

1.1. Fin dal lontano 1987 i signori T. tentarono di far riconoscere all'immobile, dalle varie amministrazioni comunali succedutesi nel tempo, una destinazione edificatoria.

1.2. Il formale riconoscimento da sottozona RC (turistica) a sottozona BE (residenza, agricoltura e artigianato) finalmente pervenne con la deliberazione consiliare n. 10/2006, giustificandosi la tardiva modificazione della disciplina urbanistica con l'essere incorsa, fino ad allora, l'amministrazione comunale, in un "equivoco di natura burocratica".

1.3. Avuta conoscenza dei provvedimenti successivamente adottati dalla provincia e dal comune di Genova in relazione all'anzidetto deliberato, gli interessati hanno proposto ricorso per ottenere l'annullamento: 1) del provvedimento n. 1829 del 26 marzo 2007 con cui la provincia di Genova ha formulato rilievi di legittimità in ordine alla variante al p.u.c. di Genova approvata con deliberazione di c.c. n. 10 del 2006, avente ad oggetto la modificazione della zonizzazione dell'area sita in via Trase; e 2) della deliberazione consiliare del comune di Genova n. 5 del 5 febbraio 2008 nella parte in cui, in accoglimento degli anzidetti rilievi provinciali, ha disposto l'annullamento d'ufficio della propria precedente determinazione n. 10/2006, negando la qualità edificatoria all'area.

1.4. I signori T., inoltre, hanno agito per ottenere la condanna delle predette amministrazioni al risarcimento del danno per il mancato riconoscimento della qualificazione edificatoria.

2. Il T.a.r. per la Liguria, Genova, Sezione I, con la sentenza n. 1162 del 15 marzo 2010 ha respinto il ricorso e condannato i ricorrenti alla refusione, in favore dell'amministrazione provinciale e di quella comunale, delle spese di lite liquidate in complessivi Euro 3000,00 oltre accessori di legge, ritenendo gli atti impugnati adottati nel rispetto dei termini previsti dalla legge e sorretti da adeguata motivazione.

3. I signori T. hanno impugnato la sentenza ritenendola gravemente viziata sotto il profilo logico-giuridico per le ragioni di cui appresso.

3.1. Col primo, complesso, motivo vengono denunciati due profili:

3.1.1. "Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 26, comma 1, della L. n. 1034 del 1971, come modificata dalla L. n. 205 del 2000, per difetto assoluto di presupposti e travisamento di fatti decisivi - Grave difetto di motivazione - Contraddittorietà".

3.1.2. "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 della L.R. n. 36 del 1997 con riferimento all'art. 3 della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. - Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e motivazione".

In sintesi, è criticato il decisum giudiziale nella parte in cui ha ritenuto incongrua e non adeguatamente motivata la scelta, operata dall'amministrazione comunale con la deliberazione consiliare n. 10/2006, di mutare la destinazione dell'area di sedime di proprietà dei ricorrenti, valutando, all'inverso, del tutto legittimi gli atti impugnati. Gli appellanti denunciano il grave difetto motivatorio e il travisamento dei fatti in cui sarebbero incorsi - a loro dire - sia le amministrazioni interessate che il primo giudice, nel non considerare che il primo deliberato è stato adottato a seguito di approfondita istruttoria sulle ragioni che, in punto di fatto, hanno giustificato il mutamento di disciplina urbanistica rispetto al passato (sviluppo edificatorio dell'area e mutamento dello stato dei luoghi), mentre - all'inverso - sarebbero gli atti impugnati ad essere affetti da un vizio istruttorio, non essendosi tenuto in alcun conto della modestia dell'intervento edilizio da realizzarsi rispetto al mutato (e maggiormente edificato) contesto urbanistico.

3.2. Pure col secondo motivo vengono denunciati due autonomi profili:

3.2.1. "Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 26, comma 1, della L. n. 1034 del 1971, come modificata dalla L. n. 205 del 2000, per difetto assoluto di presupposti e travisamento di fatti decisivi - Grave difetto di motivazione - Contraddittorietà".

3.2.2. "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 della L.R. n. 36 del 1997 sotto ulteriore profilo, anche con riferimento agli artt. 3 e 21-nonies della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. - Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e motivazione".

Gli appellanti ritengono illogica e contraddittoria la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto sussistere un obbligo di motivazione "attenuata" in capo alla provincia e al comune, rispetto al precedente deliberato comunale, sul rilievo della (ritenuta) palese incongruità e apparenza della motivazione di quest'ultimo, sicché si giustificherebbe appieno un più benevolo parametro di giudizio in punto di valutazione della sufficienza e dell'adeguatezza della motivazione degli atti impugnati.

3.3. Infine, anche col terzo mezzo vengono prospettati due profili di censura:

3.3.1. "Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 26, comma 1, della L. n. 1034 del 1971, come modificata dalla L. n. 205 del 2000, per difetto assoluto di presupposti e travisamento di fatti decisivi - Grave difetto di motivazione - Contraddittorietà".

3.3.2. "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 della l.r. n. 36/1997".

Gli appellanti assumono l'illegittimità dei provvedimenti impugnati perché adottati oltre il termine rispettivamente previsto dalla L.R. n. 36 del 1997: sessanta giorni per l'adozione di quello provinciale ai sensi dell'art. 40, comma 6, e novanta giorni per l'adozione di quello comunale a tenore dell'art. 40, comma 7, lett. a) della legge citata.

4. Infine, gli appellanti hanno espressamente riproposto la (assorbita) domanda di condanna al risarcimento del danno per la mancata o ritardata qualificazione edificatoria dell'area.

5. Si è costituita la provincia di Genova instando per la declaratoria di inammissibilità, irricevibilità, improponibilità o infondatezza, nel merito, dell'avverso appello.

5.1. La provincia ha, altresì, depositato una memoria di nomina di nuovo procuratore (avvocato Carlo Scaglia) in luogo del precedente difensore avvocato Roberto Giovannetti, confermando, altresì, espressamente, la nomina del secondo procuratore già per l'innanzi costituito (avvocato Gabriele Pafundi).

5.2. Le medesime conclusioni sono state, da ultimo, confermate dalla neo costituita e successore nel processo ex lege, città metropolitana di Genova, rappresentata dai medesimi difensori per l'innanzi citati (avvocati Scaglia e Pafundi) e, aggiunta, altresì, dall'avvocato Valentina Manzone.

6. Si è costituito il comune di Genova concludendo, anch'esso, per la declaratoria di inammissibilità, irricevibilità, improponibilità o infondatezza, nel merito, dell'avverso appello. In particolare, la difesa comunale ha rappresentato che l'amministrazione con deliberazione n. 85/2009, in attuazione degli indirizzi di pianificazione dettati dalla deliberazione consiliare n. 1/2009, ha riconfermato l'originaria zonizzazione dell'area per cui è causa. La mancata impugnazione del nuovo atto di pianificazione urbanistica importerebbe, pertanto, di necessità, la declaratoria di improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

7. Le parti hanno ulteriormente insistito nelle rispettive tesi difensive mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.

8. All'udienza pubblica del 21 settembre 2017 la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.

9. Va preliminarmente esaminata l'eccezione, sollevata dalle amministrazioni resistenti, di improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse.

9.1. L'eccezione è destituita di fondamento.

9.2. È orientamento costante di questo Consiglio di Stato il principio secondo cui "Ai fini della dichiarazione d'improcedibilità di un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse la sopravvenienza deve essere tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza per aver fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, della pronuncia del giudice, la cui relativa indagine deve essere da lui condotta con il massimo rigore onde evitare che la declaratoria d'improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda" (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 12 aprile 2017 n. 1700).

9.3. Nel caso di specie, pur a fronte della conferma della zonizzazione dell'area interessata, non può dirsi venuto definitivamente meno ogni interesse dei ricorrenti al vaglio di legittimità degli atti impugnati, giacché - anche in difetto di impugnazione del nuovo atto di pianificazione - potrebbe in astratto darsi la possibilità del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno (domanda sulla quale gli appellanti insistono pure nella memoria di replica) anche se solo, eventualmente, per il limitato periodo in cui, in ipotesi, il terreno avrebbe potuto ricevere destinazione edificatoria.

9.4. Il gravame, pertanto, va scrutinato nel merito.

10. Nel merito, l'appello è destituito di fondamento.

10.1. Il primo e il secondo motivo di appello possono essere scrutinati congiuntamente, sottintendendo le medesime questioni logico-giuridiche.

10.1.1. Va premesso, per un migliore inquadramento logico-giuridico della questione trattata, che, secondo i principi generali della materia (art. 3, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241), gli atti di pianificazione urbanistica generali, quali il piano regolatore generale o una sua variante generale, in quanto atti a contenuto generale, non richiedono motivazione particolare.

10.1.2. Ciò, tuttavia, non deve risolversi in un ostacolo ad un corretto esercizio del potere di programmazione e pianificazione del territorio (cd. governo del territorio), pacificamente ispirato, secondo i principi costituzionali, ad un sistema integrato, a livello territoriale, nelle sue varie articolazioni di livello regionale, metropolitano, provinciale e comunale, e nei reciproci rapporti.

10.1.3. A mente dell'art. 2 della legge regionale Liguria n. 36/1997, i principi informatori della pianificazione territoriale possono, infatti, così riassumersi:

a) il principio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni, nel perseguimento dell'obiettivo dell'integrazione della tutela e valorizzazione del paesaggio regionale e nel rispetto delle competenze in materia di governo del territorio previste nell'ordinamento statale e regionale;

b) il principio di qualificazione ambientale, di tutela e valorizzazione del patrimonio storico, culturale e paesaggistico, di contrasto all'abbandono del territorio agrario, di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e di rinnovo urbano, di miglioramento dell'efficienza energetica, funzionale e strutturale degli edifici, di innovazione del sistema produttivo e delle infrastrutture;

c) il principio della conservazione e della valorizzazione delle risorse ambientali e paesaggistiche disponibili, con particolare riguardo a quelle irriproducibili;

d) il principio della concertazione degli atti fra gli enti titolari, ai diversi livelli, del potere di pianificazione territoriale, nonché della sussidiarietà intesa come attribuzione agli enti locali primari della più ampia sfera di responsabilità compatibile con la loro natura, in un rapporto di reciproca interazione e cooperazione nell'esercizio delle rispettive funzioni;

e) il principio del rafforzamento dell'efficacia del governo del territorio in termini di facilitazione e trasparenza delle procedure, accesso alla conoscenza, cooperazione tra enti locali e soggetti privati.

10.1.4. A seguito della deliberazione di consiliare n. 113 del 25 novembre 2003 il comune di Genova ha avviato un procedimento finalizzato all'adozione di varianti al vigente p.u.c. allo scopo di ridefinire l'assetto urbanistico del territorio. Nell'occasione, l'amministrazione comunale ha valutato favorevolmente le osservazioni pervenute dai signori T. e ha deciso di riclassificare l'area in questione attribuendo alla stessa una qualificazione edificatoria (deliberazione di c.c. n. 10/2006).

10.1.5. Il deliberato comunale riposava sulla considerazione che il mancato riconoscimento, fino ad allora, della qualità edificatoria, fosse da imputarsi ad un mero "equivoco di natura burocratica avvenuto in sede di revisione del p.r.g. '80 a causa della mancanza di comunicazioni circa l'esito della partica di piano particolareggiato". Ragione per la quale veniva riconosciuto un errore di carattere procedurale in relazione all'entità dell'intervento edilizio voluto.

10.1.6. La questione rilevante ai fini del decidere non concerne, quindi, il momento della scelta pianificatoria compiuta dall'amministrazione comunale (attività pacificamente rientrante nelle sue attribuzioni), bensì il momento della concertazione, ispirata al principio della leale cooperazione tra enti, al fine di realizzare l'anzidetto sistema integrato di governo territoriale.

10.1.7. Dalla piana lettura della deliberazione consiliare. n. 10/2006, per come sopra riportata, non è dato evincere, nemmeno in punto di fatto, alcun ulteriore elemento da cui inferire le concrete ragioni che hanno indotto l'amministrazione comunale a mutare d'intendimento, variando la disciplina urbanistica dell'area rispetto al passato. L'amministrazione comunale, infatti, in spregio delle più elementari regole di chiarezza, adeguatezza e specificità, è venuta meno ai propri obblighi di cooperazione nei confronti degli altri enti territoriali interessati, tra cui in particolare la provincia di Genova, ammantando la propria determinazione con una motivazione tautologica, priva di riscontri oggettivamente apprezzabili, non immediatamente percepibile nel significato delle parole utilizzate, le quali non fanno altro che rimandare ad un preteso errore procedurale e burocratico assertivamente commesso nel passato, senza null'altro addurre nello specifico.

10.1.8. È logico e ragionevole ritenere, dunque, come del resto prudentemente osservato dal giudice di prime cure, che l'amministrazione provinciale si sia trovata, in sede di formulazione di rilievi di legittimità, nella pratica impossibilità di controdedurre altro, di più specifico e puntuale, che esulasse dalla mera e oggettiva constatazione della natura non fortemente urbanizzata dei luoghi. In ciò, evidentemente, non agevolata dall'estrema vaghezza e genericità della condotta serbata dal comune.

10.1.9. Sotto tale angolo prospettico, pertanto, va colta e apprezzata la considerazione, espressa in prime cure, secondo cui, sia la provincia che il comune di Genova possono ritenersi beneficiari di un obbligo di motivazione "attenuato". Attenuato non in assoluto e in astratto (ché anzi il sistema integrato di governo del territorio postula, al primo posto, il dovere di chiarezza quale base per qualsivoglia attività di concertazione), bensì in concreto, giacché l'ampiezza dell'onere di cooperazione cui è tenuta la provincia si misura ed è parametrato al contenuto specifico dell'atto comunale sottoposto al suo vaglio.

10.1.10. Pertanto, di fronte all'assoluta apoditticità e oscurità del provvedimento comunale, null'altro si sarebbe potuto, nel concreto, esigere dalla provincia. Di ciò, peraltro, si è avveduto pure lo stesso comune, il quale - melius re perpensa - ha correttamente ritirato l'atto in via di autotutela prendendo atto della natura per lo più non edificata di quella parte del territorio, meritevole dunque di tutela e conservazione.

Né potrebbero avallarsi le critiche, mosse dagli appellanti, di irragionevolezza del termine (circa due anni) entro cui è stato adottato l'annullamento: all'epoca del resto, nemmeno era normativamente fissato il termine reputato ragionevole (oggi stabilito in diciotto mesi), sicché, anche sul piano interpretativo, non può sostenersi assolutamente l'irragionevolezza della condotta comunale, non potendosi ravvisare - nemmeno con un ragionamento ex post e in concreto - un forte scostamento temporale rispetto alla previsione addirittura oggi vigente.

Né parimenti, potrebbero muoversi legittime critiche sul rilievo della (pretesa) violazione del principio del legittimo affidamento: è vero, anzi, l'esatto contrario, considerato che l'agognata destinazione edilizia da parte dei signori T. risale perlomeno (in base a quanto dagli stessi riportato in atti) a far data dal lontano 1987, e sempre denegata dalle varie amministrazioni comunali succedutesi nel tempo, sicché non si vede proprio come gli stessi possano avere ragionevolmente potuto maturare un legittimo affidamento circa la bontà della scelta adottata dal comune nel 2006, in difetto assoluto di alcuna motivazione a sostegno.

A tacer d'altro, inoltre, la scelta di escludere il riconoscimento della desiderata qualità edilizia è stata riconfermata in sede di nuova pianificazione territoriale (delibera di c.c. n. 85/2009), pacificamente rimasta inoppugnata e, dunque, non più contestabile, giacché - a seguito di rinnovata istruttoria - il terreno dei signori T. è rimasto classificato all'esterno della cd. linea verde.

10.2. Pure il terzo motivo di appello è privo di pregio.

10.2.1. Come correttamente osservato dal giudice di prime cure, alla fattispecie all'esame si applica il combinato disposto di cui agli artt. 40 e 47 della legge regionale Liguria n. 36/1997.

In particolare, a mente dell'art. 40, comma 6 della cit. legge "Il Presidente della Provincia, entro il perentorio termine di sessanta giorni dal ricevimento del PUC, sentito il Comitato urbanistico provinciale, può formulare rilievi di legittimità, con particolare riferimento alla conformità del PUC alle prescrizioni dei piani territoriali di livello regionale e provinciale, nonché alla incongruità delle ragioni addotte dal Comune avverso i pareri resi dalla Regione o dalla Provincia ai sensi dell'articolo 39 sul progetto preliminare". Il successivo comma 7, lett. a) prevede, invece, che "Nel caso in cui la Provincia abbia formulato rilievi di legittimità il Comune: a) adotta la conseguente deliberazione consiliare di adeguamento del PUC ai rilievi stessi entro i successivi novanta giorni". I detti termini, tuttavia, a norma dell'art. 47 della medesima legge, nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti (fattispecie che ricorre nel caso all'esame), sono elevati a centottanta giorni (per i rilievi di competenza della provincia) e raddoppiati (per l'adeguamento del comune ai predetti rilievi provinciali).

10.2.2. Dai documenti versati agli atti è emerso che la provincia ha ricevuto l'atto comunale in data 28 novembre 2006 e ha adottato le determinazioni di competenza il successivo 26 marzo 2007, nel pieno rispetto - dunque - del previsto termine di centottanta giorni. Quanto, invece, all'atto di competenza del comune, seppure è vero che questo risulta adottato il 5 febbraio 2008, e dunque pacificamente oltre il termine previsto, è da considerare che la legge medesima qualifica "perentori" i soli termini assegnati alla provincia, con la conseguenza che, secondo i principi generali dell'ordinamento, agli altri termini (segnatamente, quelli comunali), non potrebbe che riconoscersi natura meramente ordinatoria.

11. Per le considerazioni suesposte, pertanto, l'appello non può essere accolto.

12. Il mancato accoglimento dell'appello determina il rigetto della consequenziale domanda di risarcimento del danno.

13. La complessità della questione trattata suggerisce l'equa compensazione delle spese di lite del presente grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra le parti le spese di lite del presente grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore

 


Avv. Francesco Botta

Rimani aggiornato, seguici su Facebook